Lennon 2 L'ultima intervista
(di un giornalista distratto)

NEW YORK
08.12.2010

I giornalisti sono spesso dei gran casinari. Ma questo Jonathan Cott deve aver diversamente ecceduto se, come racconta nel suo numero di ieri il quindicinale Rolling Stone Usa, ha davvero ritrovato per caso, in fondo a un cassetto che stava mettendo in ordine, l'ultima intervista di John Lennon, perfettamente conservata su nastro. Gli aveva parlato per tre ore il 5 dicembre 1980, tre giorni prima che il santino del rock venisse assassinato per mano del folle Marc Chapman, che ha ora 55 anni e sta marcendo in galera.
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Trent'anni son stati, ieri, da quel giorno. Come sempre ricordato da raduni e cerimonie sparse per il mondo, un po' meno di routine per via dell'anniversario tondo: a Liverpool la prima vedova Lennon, Cynthia, con il loro figlio Julian, ha inaugurato un monumento a John in Chavasse Park, nella città piena di turisti che hanno così finalmente trovato il luogo dove simbolicamente sostare; i Beatlesiani d'Italia capitanati da Rolando Giambelli hanno invece preso male il rinvio del Comune di Milano dell'inaugurazione (prevista ieri) del giardino Lennon in piazza Fontana: giardino che naturalmente esiste a New York dall'81, in Central Park davanti al Dakota Building dove l'assassinio ebbe luogo. Lì si sono riuniti in tanti, ieri, a suonare le canzoni di Lennon e a metter fiori a un mosaico a lui dedicato.
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Il nostro Cott (di nome e di fatto), di quell'intervista all'epoca aveva dato pochi stralci dopo l'assassinio, sempre a Rolling Stone. Ma nel trentesimo anniversario non ha finalmente dormito sugli allori, e ha consegnato al periodico rock il verbo che ora ci riporta Lennon com'era a quarant'anni: le sue parole in qualche modo raccontano che uomo sarebbe stato da lì in poi, se il destino non ci avesse messo la coda.
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Era intanto, John, un uomo consapevole di aver già vissuto a 40 anni la parte magica della sua parabola artistica: perché allora era così, a quell'età non si era (come oggi) promesse ma falliti, se ai 20 non era successo nulla di clamoroso. Si sentiva ormai fuori dal cono di luce, e si capiva che aveva sofferto per questo quando raccontava a Cott: «Dio aiuti Bruce Springsteen (in quella stagione appena scoperto e adorato dal giornalismo musicale, ndr) quando i critici decideranno che non è più un dio... gli gireranno le spalle, e spero che egli sopravviva».
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Già, anche John Lennon ce l'aveva con i critici, i cui strali aveva subito dopo l'abbandono dei Beatles e le scelte personali. Riservava loro le parole più dure dell'intervista: «Questi critici che hanno l'illusione di creare gli artisti, sono come idolatri. Quello che vogliono sono eroi morti, come Sid Vicious o James Dean. Non mi interessa essere un eroe morto, per cui lasciali stare», spiegò con un'espressione che oggi ci farebbe rabbrividire.
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In generale, Cott ha spiegato che Lennon è uscito dal suo ritrovato nastro in gran forma: «Le sue parole mi sono suonate molto gioiose e vibranti, speranzose e sovversive e senza paura. Non ha risparmiato verità». E chissà se Paul McCartney si morsicherà le labbra pensando a quel giorno in cui ha deciso di anteporre il proprio nome a quello di John nella firma delle canzoni, quando leggerà su Rolling Stone gli affetti dell'antico sodale: «Ho scelto di lavorare in futuro con due persone: Paul McCartney e Yoko Ono. Non è male, come futuro».
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Una persona di 40 anni fa, è ovvio, programmi. Dal complesso delle parole del Beatle assassinato, emerge che non sarebbe stato solo di musica il futuro. Rimaneva legato ai temi della pace e dell'amore sulla terra: «Non mi appello alla divinità, né alla purezza dell'anima. Non ho mai sostenuto di avere delle risposte ai temi della vita. Semplicemente, scrivo canzoni e rispondo alle domande il più onestamente possibile. Ma credo ancora nella pace, nell'amore e nella comprensione». Parole che suonano oggi tragicamente passatiste: di sicuro, fosse ancora vivo, Lennon avrebbe aderito a tutti i movimenti pacifisti formatisi man mano che il mondo riprendeva fuoco. Sarebbe rimasto un attivista.
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Ancora sorpreso della tenuta delle 3 ore di registrazione del nastro, il fortunatissimo Cott ha ancora commentato: «Penso che quella conversazione sia stata una vera meditazione della mezza età». L'occasione dell'intervista, era stata peraltro la promozione dell'album «Double Fantasy» con Yoko Ono, uscito in nuova edizione per il trentennale. La vedova ringrazia («Impariamo ancora tanto da lui, oggi. John, I Love You»).
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