03.12.2010
È una fotografia impietosa quella scattata dal Censis nel suo 44esimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese (leggi il rapporto in pdf). L’Italia del 2010, secondo l’istituto di ricerca socioeconomica presieduto da Giuseppe De Rita, è un Paese apatico, senza speranza verso il futuro,nel quale sono sempre più evidenti, sia a livello di massa sia a livello individuale, «comportamenti e atteggiamenti spaesati, indifferenti, cinici, prigionieri delle influenze mediatiche».
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Gli italiani si percepiscono, scrive il Censis, come «condannati al presente senza profondità di memoria e di futuro», vittime di fittizi «desideri mai desiderati» come l’ultimo cellulare alla moda e in preda spesso a «narcisismo autolesionistico», come è testimoniato dal fenomeno del «balconing». Quella italiana sarebbe, in sostanza, una società «pericolosamente segnata dal vuoto».
Anche il lavoro autonomo, storica valvola di sfogo italiana per chi usciva dal ciclo produttivo, è segnalato, per la prima volta nel nostro Paese, in netto calo. Dal 2004 al 2009 c’è stato un saldo negativo di 437 mila imprenditori e lavoratori in proprio, con un calo percentuale del 7,6%. I dati sulla disoccupazione sono altrettanto preoccupanti. Tra i giovani (15-34 anni) sono 2.242.000 le persone che non studiano, non lavorano e neppure cercano un impiego, anche per la propensione – confermata da più della metà dei giovani italiani in questa fascia di età - a non accettare lavori considerati faticosi o di scarso prestigio.
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Un Paese, insomma, che accanto agli storici problemi legati alla bassa crescita, a una percentuale abnorme di economia sommersa (5% del Pil, 100 miliardi annui di evasione fiscale), guarda al futuro con spavento o indifferenza e si dimostra incapace di progettare o anche solo scommettere su un futuro diverso. «Tornare a desiderare – è il consiglio del Censis – è la virtù civile necessaria per riattivare una società troppo appagata ed appiattita».
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