Cronache di Pompei nel 79 d.C. raccontate dai ragazzini di oggi

Stefano Miliani
21.12.2010

“Eravamo in pochi a sapere che quella montagna era un vulcano, ma nessuno sapeva che potesse essere un pericolo mortale”. Chi ricorda è una donna di Pompei e ripensa a quel fatale 24 agosto del 79 d.C. in un testo di cui vi diciamo più sotto. Più prosaicamente, l’eruzione del Vesuvio devono averla immaginata anche coloro che hanno steso le motivazioni così urgenti da giustificare la presenza di un commissario a Pompei. Solo che mentre il vulcano è rimasto tranquillo sono crollate case.

La motivazione del vulcano ha insospettito la Corte dei Conti che ad agosto ha bocciato l’insediamento del Commissario Marcello Fiori, ha messo sotto la lente d’ingrandimento i suoi interventi, dall’adozione dei cani randagi ai lavori al Teatro Grande (sul restauro del Teatro grande indaga anche la magistratura mentre sui crolli un’inchiesta in.veste nove persone tra cui l’ex soprintendente Guzzo ma non Fiori).

Dopo la Casa dei Gladiatori del 6 novembre altri crolli sono seguiti ma non è franata la poltrona del ministro Bondi: lui teme come l’inferno la discussione della sfiducia sulla sua persona rinviata a gennaio, eppure sarebbe bene lasciasse il Collegio Romano soprattutto per quanto non ha fatto per la cultura, le arti e lo spettacolo, più che per una Pompei mal gestita con soprintendenti a rotazione forsennata e la caparbia volontà di non assumersi la responsabilità politica dei disastri. 

Nel frattempo, a novembre, una classe romana con insegnanti e guida si è avventurata tra le vie in pietra, le colonne e le domus dell’antica città. La 1a G della scuola media Moscati alla Garbatella a Roma ha curiosato, studiato. Poi, in un tema, c’è chi ha immaginato una tranquilla giornata pompeiana tra abluzioni, colazioni a base di focaccia e olive, terme e cena preparata dagli schiavi, chi quella tragica eruzione del 79 dopo Cristo, memore forse del trambusto negli scavi con via dell’Abbondanza affollata da telecamere, giornalisti, forze dell’ordine e tecnici al capezzale della Casa dei Gladiatori. Per inciso: leggere quei temi - con il consenso della scuola e dell’insegnante Lietta Piattella - fa capire quanto la storia e l’archeologia possano diventare vive e palpitanti se raccontate nel modo giusto e se vissute di persona, sul posto.

“Sono nel mio cubiculum e sento i raggi del sole che mi sfiorano la pelle”, è il dolce incipit da romanzo Rebecca: la sua pompeiana si fa portare su un carro “alla Casa del gladiatore” passando per via dell’Abbondanza, al mercato vede sua madre “che litiga con un mercante perché la stoffa costa troppo”, poi le terme, infine le amiche a cena a casa tra musica e balli finché a un sonno “felice”.
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Trascorre “una giornata speciale” la protagonista di Federica, che “ritira le stoffe bianche pulite grazie all’urina” (il dettaglio dell’urina colpisce naturalmente i ragazzi di oggi) fino alla cena “su letti triclinari” preparata dalla serva a base di “maialino, pesce arrosto, verdure e qualche uovo”. Più maschile, si gode “una lunga galoppata” per fare la spesa “al macellum” il signore creato da Valerio, pompeiano capace di “partecipare alla celebrazione di un rito sacro al tempio di Era” e uscirne appagato. “Una lotta fra gladiatori all’anfiteatro. Che divertimento”, esclama invece quasi da tifoso il protagonista di Tommaso. 

Nulla lascia prefigurare il pericolo. Neppure la signora dell’inizio di questo articolo, descritta da Virginia, intuisce: e quando “ceneri e pomice cominciano a seppellire i carri”, vede tutti scappare “a parte un cane rimasto legato alla sua catena, dimenticato dal suo padrone”, scrive sempre Virginia con la pietà per il povero animale poi bloccato in quell’abbraccio di fuoco.
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Quel mattino se su Pompei arriva “una piccola nuvola di fumo, nessuno sembra badarci”, racconta Ilaria. La quale coglie una costante che si vede spesso nel cinema sulle catastrofi: l’inconsapevolezza del pericolo di noi umani. “Improvisamente il Vesuvio erutta, tutti credono che sia uno spettacolo meraviglioso e quindi continuano a fare le loro attività”. Diciannove ore più tardi, Ilaria con stile secco ed efficace cancella ogni illusione: “molti pregano gli dei, molti cercano di scappare, ma è troppo tardi”. Speriamo non sia una profezia sulla nostra Italia