Dopo la crisi peggiore di sempre, torna il sorriso. E si punta ancora sulla carta

La via scelta dal N.Y. Times è di essere su Internet pagamento. Ma in questo modo il suo sito quanti lettori conserverà?

Vittorio Sabadin

Arthur Sulzberger jr, l’editore del New York Times, aveva annunciato che gli ultimi giornali su carta (incluso il suo), sarebbero stati stampati nel 2013, anno nel quale Internet e i new media ne avrebbero preso il posto. Ma si è trattato di un giudizio affrettato. Un po’ ammaccati, ma ancora in buona salute, i quotidiani stanno cominciando a uscire dalla peggiore crisi della loro storia, anche se a caro prezzo: centinaia di testate hanno chiuso, migliaia di giornalisti sono stati licenziati o mandati in pensione anticipata, le spese sono state drasticamente tagliate. Anche il costo della carta, mai così basso da tempo, ha contribuito a chiudere molti bilanci nuovamente in attivo e sui volti degli amministratori delegati è tornato il sorriso.

Finita l’emergenza, turate le falle che minacciavano di fare affondare la nave, nelle redazioni si ricomincia a discutere sul da farsi. Il prossimo sarà un anno cruciale per le decisioni che dovranno essere prese e tutto dipenderà da due iniziative, entrambe in programma a New York nel mese di gennaio. Nel suo ufficio al 620 della 8th Avenue il direttore del New York Times, Bill Keller, darà il via all’operazione che costringerà i lettori a pagare per accedere ai contenuti del sito Internet del giornale, finora gratuiti. Poco lontano, al 26° piano della News Corp, sulla 6th Avenue, l’editore Rupert Murdoch battezzerà la nascita di Daily, il primo quotidiano a pagamento concepito esclusivamente per tablet portatili come l’iPad. Dal successo o dal fallimento di queste due iniziative dipenderanno le scelte degli editori di tutto il mondo e la possibilità che si trovino altri modi per generare le risorse economiche necessarie a continuare a produrre un giornalismo di qualità. 

Il New York Times non è il primo quotidiano generalista a innalzare una pay-wall a protezione del proprio sito Web, ma è indubbiamente il più importante. Molti esperti pensano che i lettori, ormai abituati all’idea che l’informazione on line sia gratuita, non si adatteranno alla novità e i risultati di chi ha già seguito questa strada non sono incoraggianti. Il Times di Londra dichiara di avere conservato 100 mila lettori da quando ha deciso di andare a pagamento e di considerarlo un successo. Secondo una indagine commissionata dal rivale Guardian, i visitatori unici sarebbero invece 54 mila al mese. Di questi, solo 28 mila avrebbero pagato davvero per accedere al sito, mentre gli altri sarebbero vecchi abbonati al giornale di carta ai quali è stato regalato come premio di fedeltà anche l’abbonamento al Web. Una vera miseria: prima di chiedere due sterline a settimana per leggere i propri contenuti, il Times.co.uk aveva 2 milioni di visitatori unici al mese.

Il New York Times farà la stessa fine? Bill Keller è convinto di no e pensa che a decidere sarà come sempre la qualità. «La gente continuerà a venire da noi - ha detto - perché c’è ancora una differenza tra quello che dice Wikipedia e quello che dice il New York Times. Verranno da noi senza avere un’idea di quello che vogliono sapere, verranno a vedere che cosa racconta loro gente intelligente e bene informata, che spiega che cosa è accaduto e perché è importante».

Rupert Murdoch ha assunto 100 giornalisti (di questi tempi in America se ne trovano di molto bravi a buon mercato) per il suo Daily, il primo giornale progettato solo per l’iPad. Il più importante editore del mondo è arrivato alla conclusione che non ha più senso cercare di adattare giornali pensati per essere stampati ai nuovi sistemi di comunicazione mobile. Un foglio di carta e lo schermo di un tablet appartengono a mondi profondamente diversi, e bisogna finalmente prenderne atto. Alla fine del 2011, saranno stati venduti 40 milioni di iPad e c’è un pubblico potenziale, attento e in continuo movimento, al quale prestare attenzione. Murdoch ha fatto un accordo con Steve Jobs, il proprietario di Apple, per fornire ogni mattina a chi possiede un iPad una nuova edizione del nuovo quotidiano, pagabile su base settimanale o mensile attraverso iTunes.

Nei prossimi mesi i lettori diranno se questi due nuovi modelli economici potranno essere la soluzione che tutti cercano. Nell’attesa, sarà però ancora la vecchia carta a generare le risorse necessarie a mantenere in vita le complesse e costose organizzazioni editoriali che alimentano il mondo dell’informazione, e non se ne potrà fare a meno tanto presto. Giovanni Di Lorenzo, brillante direttore di origine italiana del tedesco Die Zeit, è convinto che il mondo dei giornali sia affetto da una attitudine distruttiva, che ha per Internet una specie di «credo parareligioso» del tutto esagerato. «Il giornalismo digitale - ha detto - non riuscirà a trovare il modo di fare soldi. La crisi dei quotidiani non è dovuta a Internet, ma alla loro perdita di credibilità e di qualità, cominciata negli Usa con l’atteggiamento acritico e propagandistico per la guerra in Iraq. Noi siamo riusciti ad aumentare fatturato e tiratura alla vecchia maniera, analizzando nel dettaglio le necessità dei lettori, pubblicando articoli documentati, ampi, seri e spesso difficili. E non dando mai retta ai consigli degli esperti».