LIBRO
Quanti misteri sulle "Due Dame"
un libro sul capolavoro del Carpaccio
Il critico John Ruskin lo definì "il più bel quadro del mondo". Ma l'opera è anche uno dei grandi enigmi del Rinascimento. Giandomenico Romanelli ne svela i segreti
di LAURA LARCAN
Collezionisti senza scrupoli e laidi usurai, falsari ed expertise alla mercé del miglior offerente, traffici illegali e committenti di furti d'arte. Non è certo lo sfondo di un thriller di fantasia, ma lo scenario reale che ha fatto dello straordinario quadro "Due Dame" di Vittore Carpaccio, una delle opere più enigmatiche della pittura rinascimentale. Ed è con vivida meticolosità, come un'autentica e certosina indagine poliziesca, che Giandomenico Romanelli, sommo studioso di storia dell'arte con una lunga carriera alla guida dei Musei civici della sua città Venezia, ricostruisce la rocambolesca esistenza dell'opera nel suo libro "Il mistero delle Due Dame" dal 20 aprile in libreria edito da Skira. Carpaccio, di origini venete (1465 circa-1525/1526) è già di per sè un personaggio suggestivo. Nelle opere cui è legata la sua fama (soprattutto i cicli di tele per le scuole veneziane) lascia cogliere la sua attitudine alla ricchezza di invenzioni narrative e formali, con una predilezione per gli scenari esotici e favolosi, costruiti con vituosistica intensità cromatica.
E le "Due Dame" non furono certo estranee ad una seduzione di un pubblico sensibile e accorto. Romanelli parte proprio dal giudizio "romantico" che ne diede il famoso critico ottocentesco John Ruskin, attento studioso dell'arte italiana, mentore come fu della confraternita dei Preraffaelliti. Scriveva: "Il più bel quadro del mondo", per poi aggiungere nella citazione del "St. Mark's Rest" (1884), "Tutta la potenza di De Hooghe in fatto d'ombre, del Van Eyck nei particolari, di Giorgione nelle masse, di Tiziano nel colore, del Bewick e del Landseer nella rappresentazione animale, è qui riunita". Bello, ma completamente misterioso. Tutto è un enigma, ci dice Romanelli, "qual è il soggetto dipinto, chi sono le donne raffigurate, che cosa fanno, dove si trovano, perché il cane davanti a una di loro è tagliato, perché il gambo del fiore nel vaso poggiato alla balaustra è interrotto?".
Romanelli prospetta, così, un "caso" scottante apparentemente inafferrabile e irrisolvibile, ma che gradualmente svela una sua logica. La chiave di uno studioso arguto come Romanelli è chiaramente quella di passare al setaccio documenti storici, ma la sua dote da romanziere poliziesco è quella di associarli e ricomporli offrendone una lettura intrigante. Non senza una vena di elegante ironia, con cui accompagna la sequenza di scoperte. Già perché per le "Due Dame" le notizie vanno dal 1830 (la prima documentazione dell'opera si trova infatti negli inventari manoscritti delle collezioni che il "nobil homo Teodoro Correr lasciava a beneficio della città di Venezia perché venisse istituito un Museo civico") ai più "originali" contributi critici sull'enigma delle Dame del 2005 e 2008 (Simona Cohen). Svelando, addirittura, che nel 2009, dal Giappone è stato partorito un fumetto manga "ben disegnato e intelligentemente costruito in cui la vicenda viene narrata".
Due secoli quasi di intrighi che Romanelli "azzeccagarbugli" dipana. Innanzitutto fa capolino nella vita privata del Correr (le "imbarazzanti modalità" con cui da collezionista si procurava le risorse, "in un cumulo di estorsioni frodolente e di usure"). Poi vivisezione le ipotesi interpretative delle "Due Dame", scardinando alla fine i dubbi più persistenti su quella che, come Romanelli ricorda, Ludovico Zorzi ha definito "l'oziosa querelle sullo status sociale delle due figure": dame o maliarde, spose o cortigiane? Ma Romanelli non si ferma solo alla scena dipinta, ma indaga con la lente d'ingrandimento da scena del crimine anche tutta la materia della tela, svelandone tacche sul bordo e sul retro: forse in origine si trattava di un pezzo decorativo?
Assai gustosa è la ricostruzione della svolta nella indagini, "con la fortuita scoperta di un enigmatico capolavoro che un giovane brillante e sfaccendato architetto in giro per Roma 'città apertà e neorealista fa inconsapevolmente nella bottega d'un antiquario". Si tratta di Andrea Busiri Vici, e Romanelli svela nei dettagli tutta la storia di sessant'anni fa del ritrovamento della "Cacciata in valle", attribuito al Carpaccio, considerato il frammento superiore delle "Due Dame", tra sequestri, vendite clandestine all'estero, dibattiti parlamentari. Fino al suo riapparire dal 1972 al Getty Museum di Los Angeles. A parte lo scoramento per la perdita di un capolavoro italiano, "La Cacciata in valle" diventa il deus ex machina per decriptare il codice segreto: un trionfo di allegorie moraleggianti. A questo punto, non rimane che scoprire l'origine del quadro, a partire dal suo committente. E Romanelli sa giocarsi anche questa carta.
"Il mistero delle Due Dame", Skira Editore, pp. 72, € 9